La revoca senza giusta causa dell’amministratore di condominio e il diritto al risarcimento del danno

La revoca senza giusta causa dell’amministratore di condominio e il diritto al risarcimento del danno
12 Aprile 2021: La revoca senza giusta causa dell’amministratore di condominio e il diritto al risarcimento del danno 12 Aprile 2021

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 7874/21, depositata il 19.3.2021, ha affrontato la questione relativa alla revoca dell’amministratore di condominio da parte dell’assemblea condominiale senza giusta causa e, in particolare, l’ipotetica insorgenza di un diritto al risarcimento del danno laddove questa venga illegittimamente disposta. 

IL CASO. La causa era stata promossa da un amministratore di condominio, revocato dal proprio incarico con delibera assembleare prima dello scadere del termine annuale, nei confronti del Condominio Beta, rimasto contumace.

L’amministratore, in particolare, chiedeva la condanna del Condominio al pagamento del saldo del suo compenso fino all’esaurimento del rapporto e anche la condanna al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1725 c.c.

In grado d’appello il Tribunale, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’amministratore, aveva affermato che a questi spettasse solo il saldo del compenso fino all’esaurimento del rapporto e non anche il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 1725 c.c., essendo questa una norma inapplicabile al recesso in materia di professioni intellettuali, disciplinata invece dall’art. 2237 c.c.

L’amministratore di condominio proponeva, quindi, ricorso per cassazione con un unico motivo, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2237 e 1725 c.c., in relazione all’art. 1129 c.c., e sostenendo che al rapporto tra condominio e amministratore non poteva applicarsi l’art. 2237 c.c., il quale regola, invece, il recesso del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, in quanto l’amministratore condominiale doveva essere assimilato ad un mandatario con rappresentanza.

LA DECISIONE.  La Suprema Corte ha anzitutto affermato che “è evidente …. come gli effetti della revoca dell’incarico di amministratore di condominio non possano trovare la loro disciplina nella fattispecie di cui all’art. 2237 c.c., la quale regola, invero il recesso del cliente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale”.

Pertanto, il contratto di amministrazione di condominio (disciplinato agli artt. 1129 c.c. e ss.) non costituisce prestazione d’opera intellettuale, atteso che “l’esercizio di tale attività non è subordinata – come richiesto dall’art. 2229 c.c. … all’iscrizione in apposito albo o elenco … e rientra piuttosto nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini e collegi”.

La Suprema Corte, quindi, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite intervenuta qualche anno fa sulla questione (n. 20957 del 29.10.2004), ha confermato che la “previsione della revocabilità dell’incarico ad nutum da parte dell’assemblea conferma l’assimilabilità al mandato del rapporto intercorrente tra condominio ed amministratore ….. trattandosi di mandato che si presume oneroso conferito per un tempo determinato, se la revoca è fatta prima della scadenza del termine di durata previsto dall’atto di nomina”.

La Suprema Corte ha, quindi, enunciato il seguente principio di diritto.

L’amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall’assemblea prima del termine previsto nell’atto di nomina, ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell’art. 1725, comma 1, c.c., salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico”.

La Corte ha, quindi, accolto il ricorso promosso dall’amministratore di condominio e cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa al Tribunale (in diversa composizione monocratica). 

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